Genova è tante cose e noi lo sappiamo bene. In alcune occasioni ha tentato di comunicarlo, ma il più delle volte non è riuscita a staccarsi dall’immagine esclusiva di città portuale e portale. GeNova 04, Capitale Europea della Cultura.
Nel 1992, con le Colombiane, la città prova a mostrarsi più amichevole e attraente, sottraendo spazio ai tratti ruvidi del porto. A partire dall’Expo la città vive una trasformazione, soprattutto grazie al recupero del Porto Antico.
Malgrado la rivoluzione strutturale dell’area portuale del centro cittadino, l’Expo è un insuccesso: meno di un milione di visitatori (in gran parte italiani), contro gli oltre tre attesi e appena 13 miliardi di lire incassati, rispetto ai 45 previsti.
Fortunatamente, nel 1998 Genova viene candidata Capitale europea della cultura per il 2004.
Ciò significa un’occasione per liberarsi da quella rete che soffoca l’immagine della città e la ancora a mero grande porto. Inoltre, a seguito degli avvenimenti legati al G8, la città ha bisogno più che mai di risollevarsi.
“Capitale europea della cultura” (ECOC) è un progetto nato nel 1985 su iniziativa dell’allora Ministra greca della cultura Melina Mercouri, che pone al centro la valorizzazione del patrimonio culturale europeo. La nomina prevede che per un anno la città designata promuova la vita culturale, con interventi ed eventi capaci di valorizzarne la tradizione e di proiettarla nel futuro.
Sin dalla prima edizione, la candidatura ha rappresentato un’opportunità di rebranding e riposizionamento per le città.
Nel 2004, Genova inizia ufficialmente la sua avventura da “ECOC”.
Il progetto ruota intorno al tema del viaggio, che Genova reinterpreta secondo tre direttrici principali, rispettivamente associate ai colori rosso, giallo e blu.
Il rosso individua Genova come città d’arte e porta con sé il restauro dei Rolli. I palazzi costituiscono un unico percorso espositivo consacrato all’arte antica, rendendo via Garibaldi una vera e propria “strada-museo”.
La direttrice gialla ha come oggetto la città contemporanea e conduce alla riapertura della Galleria d’Arte Moderna nel parco-museo di Nervi.
Infine, parlando di viaggio non si può escludere il richiamo al mare, “colorato” ovviamente di blu. Quest’ultima direttrice ci ha regalato il più grande museo marittimo del Mediterraneo, il Galata.
Queste sono solo alcune delle operazioni di ristrutturazione e reinvenzione urbana, effettuate per rendere Ge-Nova. Ancora una volta, la motivazione di fondo che muove la città è la volontà di migliorarne l’immagine e il profilo internazionale.
È interessante leggere come nell’immediato si sia parlato di un enorme successo.
Sui giornali viene scritto del nuovo inizio che questo evento ha segnato per la città. La stessa analisi di Demoskopea, sponsor ufficiale della manifestazione, riporta la presenza di 2 milioni di visitatori nell’anno dell’evento. Inoltre, l’88,5% dei genovesi intervistati afferma di percepire un cambiamento positivo dell’immagine della città. Nel 2003, solo il 18% dei genovesi intervistati era a conoscenza della nomina a ECOC, mentre nell’aprile del 2004 la percentuale sale a 42,8%.
In effetti, sul momento si respira un’aria di cambiamento.
Ma la città è cambiata davvero?
I (pochi) dati relativi ai flussi turistici, alle presenze, alla partecipazione culturale non fanno pensare a un evento di portata europea e con effetti (in teoria) longitudinali. Dal 2004 al 2007 si verifica un aumento degli arrivi del 4% (tra il 2001 e il 2004 l’aumento era stato del 21%), cui non segue però un aumento delle presenze. Anzi, continua la diminuzione delle giornate di permanenza media (dal 2,36 nel 2001, si passa al 2,03 nel 2004, fino ad arrivare a 2,02 nel 2007), che indica un rafforzamento del turismo “mordi e fuggi”.
A riportarci con i piedi per terra è poi Impact ’08, la ricerca effettuata da due università di Liverpool, a seguito della nomina della città a ECOC per il 2008. I dati lasciano sbalorditi.
La città, reduce da una forte crisi demografica ed economica, approfitta del titolo per risollevarsi. Il programma si sviluppa per ben sei anni, ognuno dei quali tratta un tema specifico: dall’ambiente al mare, dalla tradizione all’innovazione. È sempre difficile calcolare il numero esatto di progetti all’interno di un grande evento come questo, ma si stima che le ECOC organizzino in media 500/600 attività culturali. La Liverpool Culture Company (S.r.l istituita per il coordinamento e il controllo del progetto) ne ha organizzate 7000 solo nel 2008. Anche il numero di visitatori è circa il doppio di quelli di Genova nell’anno della manifestazione.
A distanza di anni, Liverpool ’08 rimane il marchio della città, che l’ha resa un polo culturale affermato, secondo dopo Londra per numero di musei e istituzioni culturali.
Per alcuni macro-aspetti, potremmo dire che Liverpool e Genova si somigliano: due città con poco più di mezzo milione di abitanti, affacciate sul mare, con un passato industriale e il desiderio di una nuova identità. Nel loro percorso da ECOC emergono però evidenti differenze.
Genova ha puntato sul concetto “culture-led urban regeneration” (rigenerazione guidata dalla cultura), concentrandosi molto sull’hardware della città, non prestando invece attenzione allo sviluppo di un software adeguato, in grado di aggiornarsi nel tempo. L’errore di base è consistito nella mancanza di una pianificazione strategica, capace di provocare un impatto significativo anche sul lungo periodo.
Errore che Liverpool si è ben guardata dal commettere, puntando sì su una trasformazione strutturale e architettonica della città, ma accompagnandola parallelamente a un incremento sempre maggiore di offerta culturale e attenzione verso i fruitori.
Ancora una volta, Genova non è riuscita a mostrarsi nella sua interezza. E per quanto del 2004 sia rimasto un bel ricordo, è più una memoria malinconica di ciò che non è stato.
Genova è e può essere tante cose, ma forse lo pensiamo solo noi.
Immagine di copertina:
Genova. Foto di Paolo Trabattoni
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Argomento molto interessante!