Ex Ospedale Psichiatrico di Quarto

La politica dell’apparenza. Il caso Quarto

All’ex manicomio di Quarto è stato inaugurato un nuovo poliambulatorio. Nel frattempo, il resto della struttura versa in uno stato di quasi-abbandono.
12 Luglio 2020
3 min
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Mercoledì 8 luglio, Ex Ospedale Psichiatrico di Quarto. Siamo ormai in piena campagna elettorale. Toti e la sua delegazione si recano a Quarto per l’inaugurazione dei nuovi poliambulatori di ASL3. “Un’altra promessa mantenuta”, sostiene il presidente di Regione Liguria. Non si può dire che non sia un successo. Peccato che il resto della struttura versi in uno stato di quasi-abbandono: l’ingresso del reparto degli utenti psichiatrici “Casa Michelini”, che ospita circa ottanta persone, è un cantiere a cielo aperto.

Metà del porticato che conduce al Centro Diurno Franco Basaglia, all’Istituto per le Materie e le Forme Inconsapevoli, al bar a integrazione socio-lavorativa e allo Spazio 21 è impraticabile. I cortili che non appartengono all’area dedicata al poliambulatorio sono vittime di ogni intemperia, tra alberi crollati, buchi nel terreno e prato incolto (scorri in fondo all’articolo per vedere le foto).

A meno di due anni di distanza dalla posa della prima pietra nel novembre 2018, oggi la Casa della Salute di Quarto apre…

Gepostet von Giovanni Toti am Mittwoch, 8. Juli 2020

Questa nuova piastra ambulatoriale pare un’isola felice, un supermercato lindo e pinto, con panchine di design e aiuole guarnite di pitosfori e siepi ben curate. Insomma, tanto materiale da mostrare sulle vetrine social per la campagna elettorale.

Ma la vera promessa che andrebbe mantenuta è quella fatta nel 2013 con l’Accordo di Programma, raggiunto faticosamente grazie all’impegno della cittadinanza attiva, che impegnava le parti a realizzare la riqualificazione dell’Ex Ospedale Psichiatrico

attraverso la definizione di una polarità di ruolo urbano e riferimento per il levante cittadino e la conservazione in forma attiva del valore storico e testimoniale del luogo; attraverso il riconoscimento e la valorizzazione della sua notoria qualità storico-monumentale e paesaggistica, della memoria e della presenza della rete di attività socio-sanitarie presenti in sito, e dei relativi fruitori; attraverso l’individuazione e l’attivazione di un adeguato mix funzionale che favorisca la sinergia tra funzioni presenti e di progetto, sia pubbliche che private, sovvertendo gli attuali processi di emarginazione delle attività e di decadenza dei manufatti […]”

Inoltre tale accordo prevedeva il potenziamento della viabilità, il recupero delle aree verdi, la promozione del patrimonio culturale e:

la realizzazione di un centro servizi urbani e di quartiere integrato con funzioni diversificate, tale da preservare il mix di funzioni sanitarie, sociali e culturali presenti in sito potenziandolo con adeguate funzioni pubbliche e private mantenendo, anzi favorendo, la complessiva fruibilità, permeabilità ed attrattività del luogo rispetto al contesto urbano di riferimento

Alla luce di quanto è scritto nell’accordo, giudicate voi se tale promessa sia stata mantenuta o meno. Quello che non si può fare a meno di notare visitando la struttura è che invece di preservare il mix di funzioni sanitarie, sociali e culturali, le aree della struttura dedicate proprio al binomio sociale-culturale sono vittime di una continua alienazione.

Lo Spazio 21, che secondo l’accordo sarebbe diventato il luogo di integrazione delle attività socio-culturali subisce ancora un vuoto di gestione, tra i vari rimpalli di proprietà e la latitanza del Comune. La viabilità è tutt’ora drammatica e costringe i pedoni che escono dalla struttura a buttarsi in mezzo alla strada, sull’ingresso di una rotonda.

La natura continua a far sua gran parte della collina e il parco che la circonda rimane impraticabile. Come ha ben sottolineato Luca Borzani in un articolo per la Repubblica, si è inaugurata “una “casa della salute” […] che poco o nulla ha a che spartire con l’obiettivo originario. Sarà solo una “casa delle prestazioni sanitarie”.

La logica del consenso spinge la politica ad accollarsi gli onori ma non gli oneri. Ma è il momento che l’amministrazione si apra a una svolta di paradigma: se non lo vuole fare per motivi ideologici, lo faccia almeno per ottenere altro consenso. Le parole contano, ma il malcontento serpeggia se non sono corrisposte dai fatti. Ed è diritto dei cittadini dare voce a tale malcontento, che come è stato dimostrato dai gruppi impegnati nella causa, si può trasformare in progettualità.

Le proposte non mancano, i portatori di interesse sono molti: manca solamente, per chiudere con un eufemismo, la strategia della politica.

Immagine di copertina:
wall:out magazine


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Classe 1996, genovese di nascita, studia Comunicazione e Società presso l’Università Statale di Milano. Fondatore e direttore artistico del progetto CODE WAR, nonché dj e produttore, vive a Genova per dedicarsi radicalmente a coltivare la scena locale e a costruirsi un futuro come operatore culturale. È il presidente dell’Associazione Culturale CDWR.

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