Perchè, a Genova, quando si parla di live elettronico (a parte qualche rara eccezione), se ne parla quasi esclusivamente in un ambiente colto e accademico? Quali sono le discriminanti che tengono lontano questo genere di esibizione dai club e dal pubblico della nightlife?
In questa sede voglio avanzare una riflessione che non ha alcuna pretesa di spiegare empiricamente il fenomeno che stiamo analizzando, ma che vuole fornire degli spunti utili al lettore a cogliere criticamente alcuni aspetti che caratterizzano il sistema dello spettacolo musicale elettronico del capoluogo ligure.
Innanzitutto, mi rendo conto che per i più la differenza tra live e dj-set è piuttosto inafferrabile. Questa premessa è utile ai meno ferrati in materia per provare a comprendere “che diavolo succede là dietro?”.
Dj-set e Live-set
Il dj-set è, in parole povere, una selezione di brani missati attraverso l’utilizzo di un miscelatore (o mixer). I brani riprodotti possono trovarsi in qualsiasi supporto. I più utilizzati sono digitale (cd o file mp3) e vinile, e ogni supporto ha il proprio lettore: per il vinile ci sono i giradischi, per il digitale i cdj (che sono propriamente dei giradischi digitali).
Il live-set, a differenza del dj-set, prevede l’esibizione dal vivo di brani originali, composti attraverso soli strumenti elettronici o la combinazione di strumenti acustici ed elettronici. Ci sono tanti approcci al live-set quanti sono i performer che li praticano. Gli approcci dipendono da diversi fattori, tra cui, tra i più rilevanti: il tipo di esibizione, che può essere una composizione improvvisata dal vivo o un arrangiamento live di brani già composti; gli strumenti utilizzati, ognuno con le sue funzionalità e peculiarità; il rapporto tra performer e strumenti, ovvero il modo in cui tali strumenti vengono utilizzati dal performer, il quale può decidere di seguire deterministicamente il comportamento delle macchine oppure interagirvi con un alto grado di autonomia e originalità.
Dovrebbe ora essere chiara al lettore la differenza sostanziale tra queste due esibizioni.
Torniamo ai quesiti che ci siamo posti: perchè, a Genova, il live elettronico trova spazio quasi esclusivamente in ambienti colti, spesso legati a esposizioni di arte contemporanea o ad attività accademiche? E qual’è il motivo che esclude questo genere di esposizione dal contesto dei club e dei locali, più vicino alla nightlife e caratterizzato da una fruizione più “leggera”?
Electronic dance music e musica elettronica colta
Per comprendere al meglio questo fenomeno è necessario introdurre un’ulteriore distinzione, che risulterà banale per chi pratica il discorso musicale ma è importante per definire gli immaginari legati alle due differenti performance: la distinzione a cui si fa riferimento è quella tra electronic dance music e musica elettronica colta.
Quest’ultima si lega alla tradizione elettroacustica, che muove dalle esperienze delle avanguardie del novecento ed è caratterizzata da una grande produzione teorica e letteraria.
La electronic dance music, nonostante sia stato scritto molto a riguardo, è un prodotto ibrido, perché mescola diversi elementi, sia popular che colti, dando luogo a un ambito di produzione artistica che, nelle sue espressioni migliori, convince i più di trovarsi davanti a musica sofisticata e ricercata, ma in cui le orecchie più critiche scorgono i legami con generi musicali già inquadrati come popular o folkloristici, come il jazz, la samba, il punk, la disco e così via.
A rigor di logica, possono esistere dj-set di musica colta, e live-set di musica dance e viceversa.
Storicamente, questa distinzione ha relegato le due categorie in diversi contesti: la musica elettroacustica si fa nei conservatori e si ascolta nei contesti d’arte, la musica dance si sente nei locali notturni e ai rave.
Ma, guardando al contesto genovese, mi domando: chi ha deciso che il live non abbia niente a che fare con l’intrattenimento notturno e la dance music?
Infatti, si può notare quanto le organizzazioni che promuovono eventi musicali notturni e in prima serata con cadenza continuativa non diano spazio a questo genere di esibizione, favorendo invece la pratica del dj-set.
È il pubblico che lo chiede?
L’esclusione del live-set dai palchi dei locali notturni non presenta alcun fondamento evidente, e sarebbe interessante indagare a fondo sui motivi di questa condizione, che continua a relegare i performer di musica elettronica che si esibiscono attraverso il live-set in una dimensione incerta, che sminuisce le loro performance a un mero accompagnamento musicale o alla sola sonorizzazione di una mostra. E, mi sento di aggiungere, fortunatamente in quel contesto ci si riesce talvolta ad esibire.
Ma sarebbe importante indagare meglio quali sono i desideri del pubblico della nightlife, che va sollecitato e stimolato, se l’obiettivo comune è quello di allargare gli orizzonti e dare maggiori opportunità ai musicisti elettronici.
Un’altro buon proposito per ripartire al meglio nel mondo post-Covid.
Immagine di copertina:
Nataly Butatty, CODE WAR
Scrivi all’Autorə
Vuoi contattare l’Autorə per parlare dell’articolo?
Clicca sul pulsante qui a destra.