Il mio primo incontro con lo scoppiettante duo formato da Federica Tardito e Aldo Rendina, avvenne durante uno dei loro laboratori di teatro danza all’interno della indimenticata cornice del festival Volterra Teatro: il titolo era Il ridicolo del dramma a i confini del clown.
Ebbene, seppur trascorsi ormai quasi vent’anni, da allora lo smalto dei Tardito Rendina non è andato perduto.
Ho ritrovato nei loro occhi quello stesso scintillio curioso, attento, dissacrante e ironico che ora e allora li contraddistingue nelle loro opere.
Con Sonja, di e con Federica Tardito con l’accompagnamento alla creazione di Aldo Rendina, andato in scena in occasione della X edizione della Rassegna di danza contemporanea Resistere e Creare al Teatro della Tosse – Fondazione Luzzati, Federica Tardito ha scelto il personaggio della invisibile Sonja, coniata dalla penna di Anton Cechov nell’opera Zio Vanja: tenera e dolce creatura, brutta, come continua a ripetersi durante il suo incedere danzato e delicato, dentro a i suoi ampi abiti.
Intrattiene un dialogo con se stessa circa il proprio amore non corrisposto, e lo fa senza disperazione, ma con una poetica ed un linguaggio dapprima contenuto, timido, non troppo marcato.
Confessa a se stessa che da quando non ha più resistito e ha ammesso il suo segreto amore, non ha più orgoglio né la forza di tornare alla sua casa.
Lo fa con la leggerezza dei movimenti che contengono anche dissacrazione: con un che di tragicomico indossa una parrucca dalla quale sbucano delle piume: vuole imbruttirsi a tutti i costi? Vuole nascondersi?
Se la strappa di dosso come se anche la sua maschera volesse ribellarsi a tanto dramma, accovacciato in un angolo e che le ripete i sussurri uditi alle sue spalle: “È buona, generosa, peccato che sia brutta”. Brutta…
Cammina strisciando sulle ginocchia, come a farsi piccola piccola, e si agita in qua ed in là, ma ricorda buffamente la versione televisiva della direttrice del collegio di Gianburrasca, con rispetto scrivendo.
Insomma: non riusciamo ad abbracciare la narrazione con drammatico afflato, come anche la colonna sonora vorrebbe sottolineare, che spazia dal Clair de Lune di Debussy al Cum Dederit di Vivaldi, perchè sempre più sbucano da ogni dove moti di auto ironia, sprizzi di ribellione alla figura melodrammatica che Federica Tardito ha scelto di rappresentare. Ma non senza emozionare lo spettatore attento.
In una nota ella ha detto:
“… con non poco tragicomico coraggio avanzo i primi passi verso la figura di Sonja, donna dai desideri mancati, dallo sguardo rivolto verso il cielo.”
È lo spazio di consapevolezza che si crea tra il personaggio che si sceglie di portare in scena e l’innata capacità di un’artista che riesce a rappresentarlo allentando i confini di una seriosa tenuta.
E accompagnata dal sarcastico e nichilista brano degli Sparklehorse “It’s a wonderful life”, anche nel finale Sonja/Federica eroicomicamente risolve il suo dramma, constatando che resterà irrisolto.
Immagine di copertina:
Crediti Sonja. Foto di Andrea Macchia
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