ZENARTOWN | MCR52. Nell’Universo figurativo della pittrice Maria Cristina Rumi

ZENARTOWN | MCR52. Nell’Universo figurativo della pittrice Maria Cristina Rumi

Quando la forma contiene lo spirito: a tu per tu con la pittrice ligure che ha fatto della sua vena figurativa una vera e propria fede nell’arte della forma.
18 Luglio 2025
6 min
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L’opera della Rumi non si guarda: si attraversa. È il corpo che parla, pelle che sente, anima che tace

Con queste poetiche parole il critico d’arte Giorgio Gregorio Grasso ha fissato, con evocativa eleganza, le caratteristiche di un’artista che nella vita come nella propria opera ha saputo trasformare la materia in magia. 

Conosco e seguo il lavoro della Rumi da anni vedendo crescere consapevolezze, ispirazioni, percorsi spirituali e attendendo, con la pazienza di chi conosce la gestazione dell’arte più vera, a cadute di motivazione non insolite alle anime in cammino che si confrontano con un mondo, quello del mercato dell’arte, spesso più avvezzo alle dinamiche del mero business che a quelle della bellezza. 

Maria Cristina Rumi, spesso annotata come MCR nei miei taccuini, ama aggiungere il “52” non come vezzo ma quale marchio di riconoscibilità, collegamento alle proprie origini umane e artistiche, come simbolo totemico di un’epoca con la quale ha debiti e conti in sospeso. 

Incontro MCR52, con i suoi iconici capelli lilla e i due inseparabili cagnolini in braccio, nella cornice di uno splendido giardino, quasi una manifestazione tangibile delle sue tele a olio: una donna, espressiva e libera, che emerge da uno sfondo il quale, lungi da essere tale, ne è il proseguo e l’aura stessa che si manifesta nella realtà.

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Foto di Maria Cristina Rumi

Qual è la tua formazione? 

La mia formazione può definirsi un sogno. Fin dalla più tenera età ho sognato e agito nella consapevolezza di volermi/dovermi esprimere con la massima creatività usando tutto ciò che trovavo, non ultimi stuzzicadenti e oggetti di riuso.

Desideravo dare forma alle mie idee e vederle realizzate nel mondo reale.

Ho frequentato il liceo artistico ma, come spesso accade nella vita, la carriera universitaria in architettura non collimava con la mia reale inclinazione: gli studi scenografici. 

Fondamentali, nei miei anni del liceo, due professori che porterò sempre nel mio bagaglio umano e professionale: Nicelli e Borella.

Se il primo mi ha dato solide basi dal punto di vista della forma, non dimenticherò mai la lezione sul colore del secondo. Due esempi di come un insegnante dovrebbe sempre essere: una scintilla e non un asettico portatore d’informazioni.

Ancora oggi, spesso, nelle mie opere faccio colare il colore in modo inaspettato e rimango rapita dalla sua capacità di creare e inventare, sempre alla ricerca dello stupore che i miei docenti sapevano accendere nella mia immaginazione di ragazza. 

Quali sono i tuoi primi ricordi rispetto all’approccio all’arte?

Sono cresciuta in un ambiente familiare estremamente stimolante dal punto di vista creativo dove, in un pomeriggio qualunque, potevo ascoltare le poesie lette da mia madre o ammirare mio padre e mio fratello che costruivano velieri e ascoltavano musica classica.

Tutto ciò è stato un imprinting che la mia mente ha saputo assorbire e generalizzare, schegge di ricordi e di vita ai quali sono legata in modo particolare.

Riusciresti a concepire un mondo senza arte?  

Trovo che un mondo senza arte non sia possibile in quanto l’arte stessa si configura come necessità primaria dell’umanità. Verrebbero a mancare le emozioni, il mondo si ridurrebbe a una massa di automi.

L’arte, come spesso suggerito dai grandi maestri, è nella natura stessa, che è a sua volta la fonte primaria dalla quale qualunque creativo attinge. Senza arte non ci sarebbe natura e senza natura decadrebbe lo statuto della vita stessa. 

Sei un’artista figurativa e difendi tale scelta in modo particolare, cosa rende questa via espressiva la tua in elezione?

Amo il figurativo perché eleva le forme del corpo umano passando dal mistico al reale.

L’anima che abita nel colore diventa reale quando entra nella forma. Quando la vibrazione coglie l’aura si fa colore, ma è dentro la forma che può finalmente esprimersi, come in un gioco sacro. 

Il figurativo per me è espressione, senza tale mezzo proverei un’estrema sofferenza espressiva che si attenuerebbe solamente con un lavoro votato all’onirico, il quale, pur nelle sue forme astratte, si configura come forma del sogno.

Non mi basta il solo gesto del fare pittura, ho bisogno delle sue strutture, delle sue alchimie.

Lo stesso sfondo per me è occasione di dispiegare l’anima dei personaggi e non è in alcun caso concepito a fine decorativo pur quando si mostra sulla via dell’astratto.

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Opera della serie Angeli Millenial, Maria Cristina Rumi. Foto di Maria Cristina Rumi

Cosa pensi del panorama artistico attuale, qual è il “faro” delle nuove generazioni?

Il panorama attuale si configura come un momento particolare dove l’arte è lo specchio dei tempi e il caos che stiamo vivendo ci porta, inevitabilmente, verso la via della confusione estetica e della “vicinanza al brutto”.

La tendenza, in tutti i campi della produzione artistica, è quella di abituare le persone al brutto.

Tale convinzione è forte in me come quella, che difendo con forza, per cui non tutti sono artisti. L’espressione tramite il metodo artistico è democratica, la riuscita di un capolavoro no.

A mio avviso tra i maestri della nostra epoca vanno citati Roberto Ferri e Silvio Porzionato.

Al netto del mio stile trovo molto interessante, nel dialogo delle arti attuale, l’apporto che dà la Street Art di alto livello.

Come nasce una tua opera?

La base è sempre il momento che sto vivendo, nella quotidianità come nelle mie mete interiori.

Le tematiche sociali e politiche hanno fatto parte della mia produzione pittorica, non ultimi gli orrori della guerra, come concetto assoluto senza la velleità di alcuna propaganda che compiaccia le tendenze del momento e la sofferenza dei più indifesi, i bambini in primo piano.

Lavoro anche su commissione pur non credendo che tutto sia sempre fattibile e che un artista debba saper incontrare, quando coglie un lavoro per terzi, anche la propria anima nella commissione che svolge.

Hai dei riti, delle consuetudini che stimolano il processo creativo?

Non credo nei riti. Tutto ciò mi suonerebbe come un’imposizione, un blocco al flusso creativo.

L’unico punto di continuità che mi concedo, quando dipingo, è la musica che trovo fondamentale per trovare lo stato di concentrazione ideale.

Nella mia Playlist non possono mancare i Pink Floyd.

Genova è ancora fucina di grandi maestri d’arte e musica. Nella tua carriera qual è stata l’influenza del clima culturale genovese?

Ho vissuto gli anni della Grande Genova. In una mia giornata tipo potevo incontrare Faber all’uscita del Liceo Barabino che incontrava gli amici, rischiare secchiate d’acqua (e non solo) da Gino Paoli che scriveva mentre io e i miei amici ridevamo sotto le sue finestre nelle serate estive e ascoltare i primi accordi di pezzi che hanno segnato intere generazioni in cantine umide insieme ai Ricchi e Poveri e ai New Trolls.

Era Bello?

Si, era bellissimo, magico. Simili alchimie sono cicliche e, quando si perfezionano, l’arte trova nuovi, magnifici, canali per esplodere.

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Opera della serie Angeli Millenial, Maria Cristina Rumi. Foto di Maria Cristina Rumi

Quale reputi, ad oggi, la tua opera più riuscita?

Tra le opere che mi hanno resa più orgogliosa c’è senza dubbio la serie ispirata dal gruppo EgriBiancoDanza capaci di creare vere e proprie sculture in movimento che hanno ispirato alcune mie tele tra le quali “Fluido” e “Prestami il tuo corpo”. 

Ad oggi la serie che reputo maggiormente evocativa del mio pensiero è quella degli “Angeli Millennial”. I miei Angeli.

Come sei arrivata alla serie gli Angeli?

Ho riflettuto a lungo sull’immedesimazione nel disagio proprio della generazione dei Millennial di cui i miei tre figli sono rappresentanti illusi e traditi. Illusi dalle aspettative e promesse di un’epoca, quella degli anni Ottanta e Novanta, incapace di reggere alle flessioni storiche.

La destabilizzazione è la prima e più potente energia che ho voluto infondere ai miei soggetti.

Ragazzi che portano in sé le caratteristiche etnico-culturali di tre continenti, Europa, Asia e America, quali detentori di più avanzate tecnologie e avanzamento multimediale nel nome di una connessione che non sempre porta alla realizzazione.

La serie si compone in un formato e con innesti tanto particolari, perché?

Le figure sono racchiuse in stendardi avvinti a rami di erica per mezzo di corde naturali. Il motivo?

La Natura, intesa come grande madre, non è unicamente prima e più importante insegnante di ogni artista, ma è speranza, quella che vorrei trasmettere, con questa serie di dipinti a tutti i Millenial che io definisco amichevolmente “i miei angeli”.

Cosa c’è nel tuo futuro?

Sono reduce dalla Biennale di Genova presso la Galleria Satura e al momento alcune mie opere sono esposte a Jesolo in Artemente Collection, Artemente Gallery di Gabriele Salvatores con la collaborazione del critico Francesco Caracciolo. 

Periodicamente organizzo, in collaborazione con Astra Gioielli, aperitivi artistici presso il locale La Clab di Genova e sono onorata dalla presenza del critico e amico Giorgio Gregorio Grasso oltre che dalla presenza di numerosi artisti della città.

Trovo che fare rete sia la priorità per il mondo dell’arte attuale, oltre ogni personalismo, alla ricerca del bello. 

Nel mio futuro, in definitiva, c’è un’inesauribile voglia di dipingere e imparare.

Qual è la domanda che non ti hanno mai fatto? 

Nessuno mi ha mai chiesto cosa penso di me stessa. La risposta, intima e autentica non esiste perché, necessariamente finirei con il mentirmi.

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Opera della serie Angeli Millenial, Maria Cristina Rumi. Foto di Maria Cristina Rumi

Immagine di copertina:
Grafica wall:out magazine su opera di MCR52 – Maria Cristina Rumi


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Valentina P.

Storica dell’arte, pittrice e scrittrice vive l’arte per necessità di espansione e comprensione della realtà. Ha frequentato il Liceo artistico e la facoltà di Conservazione dei Beni Culturali di Genova oltre che essersi formata nell’ambito delle artiterapie.

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