L’orizzonte si sposta sempre più in là,
un poco alla volta

Web
Visit

Marco Tagliafico (Alessandria, 1985) vive e lavora ad Alessandria. Ha studiato Lingue Orientali presso l’Università di Torino. Durante un percorso lavorativo durato dieci anni ha studiato fotografia come autodidatta. Nel 2017 è tra i vincitori del premio “How do you want to be governed?” (Fondazione Cassa di Risparmio di Modena) e partecipa alla mostra “10 years old”. Nel 2018 consegue il Master di alta formazione sull’immagine contemporanea di Fondazione Fotografia Modena con Filippo Maggia. Nel 2018 espone in una doppia personale: “Metafotografare il museo” – Studiottantuno Contemporary Art Mantova e Palazzo D’Arco Mantova. Nel 2019 il suo lavoro viene inserito al SIFest dal curatore Claudio Composti in un video sugli autori italiani da seguire nella fotografia contemporanea. Nel 2019 partecipa a diverse esposizioni: “Da Guarene all’Etna 2019 – Boiling Projects” – Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Torino, Premio Fabbri per la fotografia contemporanea – Pieve di Soligo, UKYA City Takeover – New Art Exchange Gallery Nottingham, Fly me to the Moon – Leica Galerie Milano, BJCEM – Torino (mostra personale). Nel 2020 partecipa a GE/19 Boiling Projects, Fondazione Oelle Catania. Alcuni dei suoi lavori fanno parte della collezione permanente della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena.

A: Facciamo le dovute premesse: a marzo, nella data dell’incontro con Marco, eravamo in piena fase uno. Il programma di visitare il suo studio ad Alessandria, dunque, è sfumato insieme ai tanti progetti che avevamo in serbo per i mesi seguenti. Mixta però non si perde d’animo – mai – e allora abbiamo fatto un esperimento.. mentirei se dicessi che è stato per noi poco intrigante. Abbiamo provato a dare davvero importanza alle parole assegnando il dovuto spazio – tutto lo spazio disponibile – al dialogo con lui. Cioè? Cioè abbiamo fatto una lunghissima call su Skype (o forse su Hangouts, ma poco importa), in cui Marco ci ha raccontato di lui, dei suoi lavori, e noi gli abbiamo fatto molte domande. In un certo senso è stata una presa di posizione radicale: nel dibattito oggi più che mai animato sull’opera che deve parlare per sé o sulla necessità di un impianto concettuale che la sorregga, abbiamo scelto, un po’ per gioco, di eliminare l’opera e lasciare solo il discorso.

Niente male, davvero.
Allora, via!

G: Il tempo cambia la materia. Il tempo si accumula sull’immagine.
C’è sempre qualcosa di nuovo che può mutare ed emergere.

Di grande interesse per Marco, sicuramente, è il divenire delle dinamiche processuali. Il processo è perno attorno a cui gira la sua ricerca, ed è garantito dal tempo. Il tempo permette un cambiamento: l’attimo in cui Marco decide di frenare il suo processo si basa sulla ricerca di un equilibrio tra ciò che si è scoperto – il disvelamento di qualcosa che mutando si mostra – e quel qualcosa che sta oltre, ma è già compromesso. L’attesa del cambiamento, in un certo senso, è ciò che gli permette di concepire l’opera.

A: Il suo lavoro è più facile da capire se sai come finisce, e funziona come una tavola da surf ai piedi di un atleta in forma: finché dura l’onda e l’atleta è in equilibrio, viaggia alla grande. Poco prima di perdere la fase, un attimo prima di cadere, Marco interrompe il processo. Ecco la sua opera.

Sono l’equilibrio prolungato e il rischio dell’accidente a spingerlo, e il caos stellare è il suo universo di riferimento. Fotografie recuperate, di altri, di oggetti, di paesaggi, suggestioni di “mondi altri” che galleggiano in superficie costituiscono il dato di partenza.

Fotografare, segnare, ri-fotografare e cancellare, insieme a guardare e immaginare, è il processo.

 

G: Assolutamente sì! Risulta più facile, allora, comprendere perché la fotografia viene usata “…come una sorta di esperimento in continua evoluzione, alla ricerca di qualcosa di sfuggente nel divario tra la realtà e la sua rappresentazione” (sic). Questa attitudine si percepisce, nelle sue immagini, dal momento in cui non si può né fare riferimento né essere certi di una sola e assoluta verità: sembra che tutto possa essere messo in dubbio e allora Marco decide di rendere visibile proprio quell’incertezza.

Il suo lavoro però non si ferma solo a questo.

 

A: quando abbiamo chiacchierato, a marzo, lui non si era ancora concentrato sulle serie Pensare un segno e Corpo di luce, ma credo che valga la pena prenderle in considerazione. Come l’ultimo tassello del puzzle, ci permettono di vedere l’intero suo lavoro sotto una luce più chiara.

Emerge forte e chiaro un altro punto cardinale che orienta il suo lavoro: la lotta senza fine con la narrazione.

Cerchiamo di entrare dentro alle sue modalità. L’immagine, nel senso più ampio del termine, è il campo da gioco; attenzione dunque, perché qui sta il centro del discorso: per Marco l’immagine è un campo. La superficie è un ambiente spazioso. E lì si gioca, ma attenzione, nuovamente, perché il gioco è ben poco normativo e piuttosto situazionista.
La partita è un doppio in cui si affrontano due giocatori: da una parte lui che osserva e ricerca senza fermarsi mai, lui che sta sulla soglia, là dove le cose sfuggono e si trasformano, mentre si trasformano… nel vuoto dello spazio cosmico dove tutto è possibile e impossibile, cercando con cura il dato di cui non si può parlare, che non si può vedere, cercando di vedere-senza-vedere. Dall’altra parte c’è lui che fotografa, immortala, segna, impone un gesto – a malincuore – certo di non avere alternative. Lui che cerca modi gentili per raccontare, tentando di allontanare le rappresentazioni, confrontandosi con la realtà della superficie e le sue regole.

Riproduci video

La partita è dinamica, ovviamente, talvolta prevale uno, altre volte l’altro, come del resto è naturale che sia: questa che si gioca, un po’ come una lotta, è la narrazione per Marco. Dinamica, non lineare, tempestosa.

Non a caso, la sua narrazione si sviluppa e cresce nello spazio e soprattutto nel tempo. Come un orizzonte che non sta fisso, ma poco alla volta si sposta sempre un po’.

Realtà Fluida di Ricerca Artistica

TornaSu