Nato a Rovigo il 14 marzo 1996, fino all’età di 7 anni ha vissuto un anno in Argentina, uno a Milano e 5 a Piacenza. In seconda elementare si trasferisce a Recco dove frequenta elementari, medie e liceo scientifico senza un notevole rendimento scolastico. Nel frattempo ha sempre giocato a rugby nella Pro Recco fino all’età di 22. Dopo il liceo decide di iscriversi all’Accademia Ligustica con indirizzo PAI, ma alla fine dell’anno cambia corso e sceglie Pittura, di cui sta conseguendo la laurea in questi mesi. s
A: Da quando Franco ha iniziato a parlare del suo lavoro, il primo artista a cui ho pensato è stato Mark Rothko. Per via dell’importanza del “colore nero” nella ricerca di Franco, avrei certamente potuto pensare a Frank Stella, o Ad Reinhardt, che si sono concentrati sul nero in maniera esemplare: eppure, nel lavoro di Franco il nero assume un’importanza metafisica, costituisce cioè il campo d’indagine per una ricerca puramente esistenziale, quella ricerca esistenziale che Stella e Reinhardt, con i loro neri, hanno provato ad annientare. Per questo ho pensato a Rothko: non per il nero, non unicamente per quello, ma per l’esigenza di una profondità metafisica. Di Franco non diresti che è un artista maledetto, bruciato da una sete esistenziale: è un ragazzo semplice, gentile e accomodante. Ma i suoi lavori parlano per lui, tradendo un’ambivalenza che è la sua caratteristica più affascinante.